Non credo ci siano parole migliori di quelle dello stesso Andrea Parisi per spiegare l'intima essenza del suo lavoro, che non è il culmine di una ricerca nata in seno alla Specie di Spazio durante la residenza creativa di SPEAKEARTH (il processo creativo di Andrea è fatto di continui culmini), ma un passo ulteriore in avanti in quella che ormai si profila come una ricerca rigorosa, che al massimo può essere ostacolata da un paese troppo poco infrastrutturato per dare spazio a chi, da poco, si cimenta in certo tipo d'arte.
Andrea Parisi, a differenza del sottoscritto, è ancora in grado di mettere da parte le discontinuità logistiche che derivano da gestioni poco meditate degli spazi e delle risorse cittadine (ricordo che parliamo di Cremona, una città in via di desertificazione); sa venire incontro alle persone senza preconcetti, cercando il dialogo piuttosto che lo scontro (che poi è la cosa che gli invidio di più); ma la cosa migliore è che non concede alla propria creazione, sia essa un'installazione o una performance, o tutte e due, di essere meno che simile all'idea che ha in testa. Per questo l'atto quasi teatrale di Andrea nei locali in disuso della Casa del Bottone è riuscita così bene. Poco importa che le teorie su quello che accadeva si siano sprecate, l'importante è che la gente c'era. Perchè Andrea ha portato l'arte dove piace a me, in mezzo alla gente. E le unità umane non possono resistere alla curiosità, soprattutto alla curiosità generata da un atto potente, altruistico,(af)fine a se stesso, e quindi ermetico.
E pensare che tutto comincia con un vasetto di vetro, che Andrea insiste per avere (io ci tenevo ossa e teschi di animali, provenienti dalla mia piccola wunderkammer); è solo un vasetto, che sarà mai, che se lo pigli pure. Ed ecco Parisi ci crea una logica intorno, ci cola intorno una teoria, un'immagine - dentro no, dentro il vasetto non ci mette niente, solo il fumo, ovvero il caos, e poi comincia a parlare di una trilogia delle vibrazioni, e di sublim(in)azioni, e io sono sempre più curioso, e alla fine rinuncio, perchè l'importante è vedere e ascoltare.
Perciò, a voi.
DCF
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