Anche questa è andata. Come un soffio, anzi un vento, quello londinese, che ha spazzato le strade, i cieli, e il tempo della nostra permanenza in quel bollore creativo che è il quartiere di Brick Lane. Un crogiuolo non solo di razze, di volti, di identità più o meno eccentriche, ma anche un brodo di tendenze artistiche, di modi di concepire l'espressività, che coinvolge l'Arte maiuscola come le piccole autoproduzioni, l'imperante street art come gli scorci spaziali e umani che abitano la Londra del 2014. WHO ART YOU? LONDON EDITION è stata un'esperienza faticosa (dodici ore di viaggio in macchina all'andata e al ritorno), ma anche un'esperienza totalizzante, che mi ha concesso uno sguardo critico su una realtà assai differente da quella della nostra penisola.
Prima di elencare brevemente gli artisti in mostra (in futuro tornerò sull'argomento Londra, quando il cervello sarà riposato), un breve flashback. In un post precedente avevo già mostrato il battage pubblicitario che ha preceduto questo tanto anelato viaggio. Una strategia che l'associazione Una Specie di Spazio ha sempre sfruttato e che sono felice di aver messo a disposizione dei professionisti di NOlab. Purtroppo uno dei video su cui avevo ragionato di più (un chiaro omaggio a una delle figure più celebri della cultura pop britannica) non è passato sulle frequentatissime pagine dei social network, troppo lungo e troppo registicamente imperfetto, ma lo posto qui, ad memoriam, perchè è un forte omaggio allo staff di WHO ART YOU? e perchè il bravo Flavio Aster Bissolati ne ha curato le musiche senza farmi subìre le magagne del copyright.
Ho molto amato l'allestimento nella Brick Lane Gallery. Semplice e ricco insieme, a partire dai compulsivi accumuli di colore di Matbuk, che a tratti mi ricordano Giger e a tratti la tentacolare street art della traversa di Whitechapel, contrapposti alla raffinata tecnica illustrativa di Mauro Mazzara, come a mostrare due modi contemporanei di vedere e vivere l'arte; Rossella Terragnoli con le sue false prospettive nei canyon metropilitani di una penna a biro paziente e meticolosa, sporca.
Michela Gioachin, con gli intimi ritratti quasi fotografici di donne che sembrano sfuggenti come le figure di certi sogni, immortalate in una luce stentata, che sdoppia l'immagine (no, non è un errore dei miei scatti); poi Niccolò Albani e i suoi dipinti fumettosi, sofisticati nel tratto quanto poveri nel supporto di cartone (e non è necessariamente un difetto, anzi); l'incognita Kassa artista in incognito stile Banksi, elaborazioni al computer mistificate da un'esibizione accademica, con cornici antiquate che ammiccano ai grandi classici presi di mira, che ingannano per un attimo chi li osserva, incerto se si tratti di pittura vera e propria o che altro.
Elisa Rescaldani usa invece la postproduzione digitale come un laboratorio anatomico, creando ibridi tra cadaveri e piante e figure mitiche; mentre Sara Pelle, nelle sue foto fa di se stessa il soggetto anatomico svilito, sopraffatto, abusato, rivelando le problematiche insite nel ruolo della donna nel contemporaneo e la sua (ancora) anacronistica fragilità; Andrea Silva e Massimiliano Ranuio, che passano dall'autoritratto in cerca di un'auto-rivelazione, forse, a immagini sontuose che ammiccano al reportage; fotografia anche per Beatrice Botto, che ironicamente e un po' grottescamente ha ritratto la figura femminile in un trittico di colori acidi, e Marta Viola, che va a spiare nel dettaglio intimo delle fessure, delle cortecce, della pelle, per trovare mondi inaspettati, e sfrutta al meglio il potenziale del mezzo espressivo; Devis Bergantin e i suoi paesaggi nervosi, quasi una follia di inchiostri e di strappi, l'ossessivo ripetersi del segno che cerca se stesso in un lavoro o lavorìo che forse non sarà mai concluso.
E poi ci sono io, con la mia Cura del Bianco, di cui ho già parlato su questo blog, la trovate ovunque, perciò non sto a ripetermi. Un progetto performativo-fotografico che ogni volta mi ripropongo di chiudere, ma che le persone incontrate mi fanno sempre rispolverare. Perché mi piace, perché mi permette un contatto intimo con chi mi piace. E perchè si vende a poco o non si vende proprio.
Matty Granec l'abbiamo incontrato alla galleria, è un fotografo bravissimo e spero di rivederlo presto, e ovviamente si è prestato volentieri alla Cura. È una delle foto della serie che amo di più. |
Ringrazio ovviamente ancora una volta lo staff di NOlab, e a parte i sopracitati Alessandro e Daniela, anche Federica Morandi, che si è occupata della parte commerciale del progetto e ha sopportato/supportato le idiosincrasie degli artisti, Federica Redaelli, la più carina, simpatica e imbronciata factotum che ho mai conosciuto, e Cristina Zanon, che oltre ad avere sempre un sorriso in tasca si è sorbita il mio russare. Un grazie anche a quelli che sono rimasti a casa, sia a Milano che a Cremona, e mi hanno aiutato nella preparazione al viaggio.
A breve il video report dell'exhibition!
David Chance Fragale
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