I poeti non dormono mai. Il loro corpo gli sfugge e si lascia irretire
dal sonno.
Ma anche mentre dormono, forse il loro inconscio continua a
lavorare,
ad accumulare immagini e a preparare la poesia successiva.
Tahar Ben Jelloun
Quando gli spazi si parano davanti a
noi non si sa mai bene come comportarsi, che si tratti di una
piazza che diventa un'immensa libreria con gli scaffali di pietra o
che si tratti di un bosco che spunta all'improvviso in un angolo
della nostra stanza. Sia che si tratti di una via in cui non si ha
mai camminato nella città in cui si vive da vent'anni o del tragitto
che si percorre tutti i giorni quelle cinque o sei volte al giorno
per andare al lavoro e tornare, andare a fare la spesa e tornare,
andare a buttare la spazzatura e tornare.
Un giorno nel mio stabile si trasferì
un uomo con dei problemi alla gamba. Questi si fece dare il permesso
dal Comune per avere un parcheggio disabili proprio sotto casa. Un signore del palazzo di fianco parcheggiò nel posto auto di
questo disabile e quando costui tornò a casa e
si avvide dell'accaduto chiamò i
vigili e fece rimuovere quella del vicino, che scese di casa tutto
trafelato lamentandosi per la rimozione della sua vettura e
sopratutto per la multa, sostenendo di non essersi accorto del nuovo
parcheggio per disabili. Così il vigile gli chiese: “Scusi, ma lei
da quanto tempo abita qui?” “Diciassette anni” rispose il
vicino. E il vigile: “ E non si è accorto di un cambiamento come
questo nella via in cui abita da così tanto tempo? Questo cartello
doveva balzarle subito all'occhio”. Insomma, la morale della favola
non è la multa salata toccata all'inquilino ignorante né la sua discussione con i vigili che aveva come imperativo:
“Andate a prendervela con chi di dovere, non con la brava gente! In
questo paese tutto funziona al contrario!”. La morale della favola
è che quando uno spazio ci si para davanti, che lo conosciamo da
una vita o che non lo conosciamo affatto, sia che si parli di uno
spazio reale o di uno spazio della mente, e non sappiamo bene come
comportarci con esso, dovremmo fare una e una cosa soltanto: osservarlo
attentamente.
Questa favoletta l'ho
raccontata a voi e a me stessa qualche settimana fa in occasione
dell'allestimento allo spazio Pikidi per la Collettiva Estiva 2014:
uno spazio mi si è parato davanti esprimendo il desiderio di essere
riempito di idee. E così è successo. Su suggerimento dello spazio
stesso la Collettiva ha preso vita e i desideri sono stati tutti
realizzati.
Abbiamo lavorato per lo spazio,
esaudito le sue richieste, ascoltato i suoi suggerimenti. E come se
fosse stato un barcone in mezzo all'oceano abbiamo ondeggiato con lui
fino a farci venire il mal di mare (complici le bottiglie di vino!) e
Pikidi ha smesso d'un tratto di essere uno spazio ed è diventato un
messaggio in una bottiglia che una volta arrivata sul bagnasciuga è
stata letta generando risposte positive e meno positive. Ma comunque
risposte. E quindi emozioni espresse.
Un po' come fanno quei due personaggi
neri che nella notte vanno a disegnare sorrisi sui tronchi tagliati
degli alberi: qualcuno può guardare con simpatia all'operazione,
altri con sdegno. Ma sta di fatto che ora c'è un sorriso. E va bene
così.
Sonia Secchi
Non ho mai mancato di essere obiettivo su queste pagine, perchè questo sito non fosse un mero strumento celebrativo, ma anche un mezzo consono all'analisi oltre che alla testimonianza di un evento. Chi ci ha sempre seguito saprà che, oltre a esperimenti riusciti o mezzo riusciti, non siamo nuovi ai fallimenti, anche se come curatore non solo delle esposizioni e di quant'altro rientra nelle "mansioni" di un'operatore artistico, sono curatore di queste pagine e filtro tutto attraverso una personale visione delle cose. È quindi con timore e reticenza, soprattutto a causa di vicissitudini recenti, che ho accettato di curare questa esposizione presso
Pikidi Arte. Giuseppe Di Crescenzo, in arte
Dicre, o Bip, impegnato nella creazione di un nuovo spazio laboratoriale assieme a
Francesco Soldi e
Stefania Verna (spazio che ha poi ospitato la seconda parte della serata della collettiva), non se la sentiva di rinunciare alla solita edizione dell'esposizione estiva, e io non me la sentivo di dire no, per ragioni che vanno oltre l'amicizia e toccano lo sfrenato bisogno di "darsi da fare" come quello di sperimentare nuove collaborazioni. Così, con l'inestimabile aiuto di
Emilio Capelletti, uno che di cose ne ha fatte tante, e troppe dimenticante, ed è sprecato per una città come Cremona, e
Sonia Secchi, giovane e talentuosa e fantastica quando si tratta di lavorare per un fine comune, e già sprecata pure lei per questa città ancora troppo chiusa, troppo
ortus conclusus - beh, con loro è stato facile mettere in piedi in due settimane un'esposizione senza tema, un racconto per immagini e suoni e gesti che, sebbene poco omologata (marchio di fabbrica già di Una Specie di Spazio come di Pikidi), mi sembra una delle collettive in cui mi sono divertito di più. In questo, non bisogna dimenticare i complici (in)volontari, quelli di "fuori", indispensabili per evitare la stagnazione creativa cittadina, come
Barbara Giuliani e le sue
Barrette Indipendenti,
Attila Schwanz,
Devis Bergantin, Jholman Castaňeda Quintero e
Simona Florindi, i quali, presenti o non presenti, hanno contribuito con la loro partecipazione a portare nuova linfa in quegli spazi della visione che troppo spesso sembrano appannaggio di chi, in preda al divismo isterico o al provincialismo presenzialista, crede di meritarsi sempre una fetta di muro e un buon buffet che non è mai dovuto ma solo gentilmente offerto. Ci sarà sempre qualcuno che manca, qualcuno che avrebbe potuto esserci, qualcuno che si voleva e non può partecipare (come ci sarà sempre qualcuno che si
deve escludere, e sarebbe ora); «l'assenza è il pungolo del desiderio» diceva il poeta Properzio, e allora dagli assenti (esclusi o auto-esclusi) non posso che aspettarmi molto, mentre ai presenti che vedete qui sotto e nel video vanno il mio affetto e il mio rispetto per il lavoro ben fatto.
David Chance Fragale
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Minimali e sognanti: le opere di Alessia Degani |
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Il tratto superbo e provocatorio di Attila Schwanz |
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Frasi e immagini da diffondere in modo virale: Barrette Indipendenti! |
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Bianca Giommi |
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In ossequio ai miei sogni: i contributi del sottoscritto, David Chance Fragale |
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LES ENFANTS TERRIBLES: un trittico di David C. Fragale e Francesca Dalla Benetta |
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Davide Barboglio |
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La stilizzazione del concetto di "ricerca": Devis Bergantin |
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DICRE |
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Emilio Capelletti |
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Flavio Bissolati, che ha musicato il video sopra, ci mostra come funziona il Famitracker: anche questa è una forma creativa che, con qualche accorgimento, può tranquillamente mettersi in mostra |
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Collaborazioni dell'ultimo minuto: Sonia Secchi e Marco Commisso, in una commistione di liuteria e collage |
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Gli autoritratti "distorti" (qualcuno li chiamerebbe twisted selfies) di Simona Florindi |
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Matteo Filannino |
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Gli ironici lavori di "denuncia" del colombiano Jholman Castaňeda Quintero |
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REGO |
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Francesco Soldi |
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Sonia Secchi, che in occasione di questa collettiva, si è scoperta più poliedrica di quanto lei stessa si aspettasse (il video e le foto qua sotto, realizzate in collaborazione con il sottoscritto, fanno riferimento al progetto editoriale Così parlò Sarah Huster di Sonia) |
E per concludere una carrellata di volti, istantanee di un momento che, si spera, non sarà l'ultimo.