Il video qui sopra è stato realizzato quando eravamo ben consci che presto anche la sede di Una Specie di Spazio si sarebbe unita alla triste schiera di locali sfitti,da ridestinare, forse diventare un prolungato raccoglitore di polvere e di ragnatele, ma di fronte all'ineluttabile abbiamo voluto ricordare quanto colore, quanta musica, abbiamo accumulato all'interno di un luogo le cui dimensioni sembravano spesso mutevoli, talvolta piccolo, la maggior parte più grande di quello che era in realtà, come se quello che ci mettevamo al suo interno potesse bucare lo spazio, gonfiarlo e farlo dilatare. Non sarà più così.
Quando sei costretto a vedere questo cartello affisso alla saracinesca, capisci che è arrivato il momento di fare il punto della situazione. E non senza una marea di considerazioni oggettive e altre personali.
UNA SPECIE DI SPAZIO, prima di tutto è stato un esperimento; ovvero, un tentativo di affrancarsi dal sistema delle gallerie e della critica, la necessità di addossarsi le responsabilità verso ciò che ci piace e vorremmo vedere, sentire - come per il precedente SpazioWunderkammer, una sorta di provocazione e di invito ad aprire altri spazi all'interno della città, cosa che poi in parte è successa. Non vivendo di una definizione precisa (spazio polivalente, galleria, oggetto d'arte, vetrina, luogo di incontri e scontri, tesseract emotivo e chi più ne ha più ne metta) e non essendo noi un'associazione culturale basata sulle convenzioni del genere, era inevitabile che il progetto "fisico" di Una Specie di Spazio dovesse conoscere una data ultima. Però concorrono sicuramente altri fattori, e qui chiamo in causa l'emotività per meglio esprimere quanto penso. Il sostegno è fondamentale, soprattutto quando quello che fai non ha scopo di lucro, ma vive di passione e soprattutto di ricerca; allora bisogna che tempo ed energie siano ben spesi, cosa impossibile quando la tua associazione viene precettata in progetti che sono come galline dalla testa mozzata, cioè vivono e corrono di qua e di là ma non hanno vita; lo stesso dicasi per chi espone buone idee, ti coinvolge nella realizzazione di momenti creativi e infine sparisce verso altri lidi dopo avere sfruttato quanto gli poteva essere dato - non è una novità, sia chiaro, la maggior parte della gente segue il proprio tornaconto, la cosa più triste è dover annoverare fra questi traditori anche persone che ritenevo amiche. Io sono fatto così, vivo nella confusione, e del domani so ben poco, non mi occupo di politica e non credo che risolva nulla parlarne, chi ne parla fa l'impegnato sociale e poi va a votare nuovamente quelli che hanno distrutto un paese - c'è stato un atteggiamento politico nella Specie di Spazio? ovviamente, ma spero si intuisca nel significato più vero del termine. Poi c'è l'amore: l'amore verso gli altri e le loro idee, l'amore verso se stessi e il mettersi alla prova, e l'amore verso l'espressività in genere, senza la quale ben poco si potrebbe fare per non soccombere all'omologazione finale e alla disempatia.
E' un fatto contestuale, in fondo. Ogni luogo vive di regole proprie, e così la città di Cremona, non differente da altre, dove si alternano gradevoli momenti di fervore a lunghi periodi di stasi, dove il colore di una giunta, le velleità dittatoriali di un professorucolo, il sempiterno aperitivo al sempiterno localino, le grandi bugie bianche che devono rendere bellissimo il quotidiano, lottano con la necessità di vedere e di fare, di colloquiare nei silenzi fregandosene della dialettica fine a se stessa, con il bisogno di fare ricerca e di aiutare chi lo merita, di scoprire che c'è uno spirito nelle cose, un genius loci, e che per mantenersi puri è necessario sottrarsi a quello che ti fa perdere tempo.
Ecco, lo spazio di Una Specie di Spazio cominciava a farci perdere tempo. Anche la città comincia a farci perdere tempo. E così le persone. Triste ed opinabile, è vero, ma quano non è il tuo lavoro quello di sopportare le idiosincrasie altrui, allora meglio smettere.
Ovviamente l'associazione non chiude, non può, anche perchè le persone non chiudono. Ci sono un mucchio di cose che si possono fare senza una sede, anche negli inverni freddi, per quanto sia più difficile farle, e altre le faremo a brevissimo. Come il nostro nume tutelare Perec diceva "metto un quadro su un muro. Poi dimentico che c’è un muro. Non so più
che cosa c’è dietro il muro, non so più che c’è un muro, non so più che
questo muro è un muro, non so più che cos’è un muro. Non so più che nel
mio appartamento ci sono dei muri, e che se non ci fossero muri, non ci
sarebbe l’appartamento. Il muro non è più ciò che delimita e definisce
il luogo in cui vivo, ciò che lo separa dagli altri luoghi in cui gli
altri vivono, non è più che un supporto per il quadro. Ma dimentico
anche il quadro, non lo guardo più, non lo so guardare. Ho messo il
quadro sul muro per dimenticare che c’era un muro, ma dimenticando il
muro dimentico anche il quadro. Ci sono i quadri perché ci sono i muri.
Bisogna poter dimenticare che ci sono dei muri e quindi non si è trovato
niente di meglio che i quadri. I quadri cancellano i muri. Ma i muri
uccidono i quadri. Oppure, bisognerebbe cambiare di continuo, o il muro,
o il quadro, mettere senza posa altri quadri sui muri, o cambiare
sempre il quadro di muro."
Ecco. Adesso noi i muri non li abbiamo più. Problema risolto.
DCF